16 canali YouTube pachistani sono stati oscurati con l’accusa di diffondere informazioni sensibili

Alcuni canali YouTube pachistani sono stati oscurati in India con l’accusa di diffondere informazioni sensibili dopo l’attentato terroristico del 22 aprile a Pahalgam, nel distretto di Anantnag del Territorio indiano di Jammu e Kashmir. Agli utenti in India appare il seguente messaggio: “Questo contenuto non è attualmente disponibile in questo Paese a causa di un ordine governativo relativo alla sicurezza nazionale o all’ordine pubblico. Per maggiori dettagli sulle richieste di rimozione da parte del governo, consulta il Rapporto sulla trasparenza di Google”. Secondo i media indiani, i canali oscurati sono 16 e complessivamente hanno 63 milioni di iscritti. Tra loro ci sono quelli di note testate ed emittenti come “Geo News”, “Dawn”, “Raftar”, “Bol News”, “Ary News”, “Samaa Tv”, “Suno News” e “Gnn”. Inoltre, sono stati bloccati i canali di diversi giornalisti: Muneeb Farooq, Umar Cheema, Asma Shirazi e Irshad Bhatti. Altri profili vietati sono “The Pakistan Reference”, “Razi Naama” e i canali sportivi “Uzair Cricket” e “Samaa Sports”.
Il 22 aprile a Pahalgam sono stati uccisi 26 turisti, tra cui un cittadino nepalese, e ne sono stati feriti più di 20. Secondo le ricostruzioni in circolazione, l’attacco è stato sferrato da un commando di cinque terroristi. L’attentato è stato inizialmente attribuito al Fronte di resistenza (Trf, The Resistance Front), presumibilmente collegato a un’organizzazione più nota, Lashkar-e-Taiba (Let, Esercito del bene). Il 26 aprile, tuttavia, il Trf ha negato il suo coinvolgimento. Il gruppo è giunto all’attenzione dell’intelligence indiana dopo la revoca, nell’agosto 2019, dell’articolo 370 della Costituzione dell’India che riconosceva allo Stato di Jammu e Kashmir uno statuto speciale, con una costituzione propria e un’ampia autonomia. Alla revoca è seguita la soppressione dello Stato di Jammu e Kashmir e il suo smembramento, a partire dal 31 ottobre 2019, in due Territori dell’Unione: il Territorio di Jammu e Kashmir e quello del Ladakh. Le prime rivendicazioni del Trf risalgono proprio all’ottobre 2019, sul suo canale Telegram. Secondo una pubblicazione del 2020 della Fondazione europea per gli studi sull’Asia meridionale (Efsas), un istituto di ricerca indipendente che ha sede ad Amsterdam, tra gli analisti esperti di estremismo in Kashmir c’è un ampio consenso sull’ipotesi che il Trf abbia legami con l’establishment militare e l’intelligence del Pakistan. L’ipotesi poggia anche sul tracciamento di attività informatiche in Pakistan da parte del gruppo, che utilizza diversi social media. Inoltre, con ogni probabilità, il Trf potrebbe agire come organizzazione ombrello per Let, Hizbul-Mujahideen (Hm) e Jaish-e-Mohammed (Jem).
In seguito all’attentato si è aperta una grave crisi diplomatica tra l’India e il Pakistan, accusato da Nuova Delhi di favorire il terrorismo transfrontaliero. Il 23 aprile il Comitato di gabinetto per la sicurezza (Ccs) indiano, come riferito dal ministero degli Esteri, ha adottato cinque misure: la sospensione con effetto immediato del Trattato delle acque dell’Indo (Iwt) del 1960; la chiusura con effetto immediato del posto di controllo integrato di Attari (con la possibilità di rientro dal varco entro il primo maggio per i connazionali); l’esclusione a tempo indeterminato dei cittadini pachistani dal regime di visti dell’Associazione sud-asiatica per la cooperazione regionale (Saarc) e l’obbligo di lasciare l’India entro 48 ore per quanti ne erano in possesso; l’ingiunzione ai consiglieri militari dell’ambasciata del Pakistan, dichiarati persone non gradite, a lasciare l’India entro una settimana, con il contestuale richiamo dei consiglieri militari indiani; il ridimensionamento degli organici delle rispettive ambasciate da 55 a 30 unità entro il primo maggio.
Per quanto riguarda le ambasciate, va ricordato che sono già state ridimensionate nel 2020, a seguito di reciproche accuse di spionaggio ed espulsioni. Anche per quanto riguarda il trattato Iwt, preesistono problemi. I due Paesi condividono le acque di sei fiumi del bacino dell’Indo. L’India ha il controllo dei tre fiumi orientali – Sutlej, Beas e Ravi – mentre il Pakistan dei tre occidentali: Indo, Chenab e Jhelum. Ai sensi del Trattato è stata istituita la Commissione permanente Indo (Pic), che si riunisce di solito con cadenza annuale. Da tempo la parte pachistana lamenta problemi di scarsità di flusso che attribuisce alle centrali e alle dighe costruite dall’India. Sono in corso controversie relative ai progetti idroelettrici indiani di Kishenganga e Ratle e a più ampie questioni di interpretazioni. L’India, a sua volta, ha chiesto una revisione dei termini del trattato.
Il 24 aprile si è riunito il Comitato per la sicurezza nazionale (Nsc) del Pakistan. Come riferito dal ministero del Esteri pachistano, Islamabad ha respinto le accuse e l’annuncio di Nuova Delhi sul trattato Iwt, facendo presente che quell’accordo “non contiene alcuna disposizione per la sospensione unilaterale” e avvertendo che “qualsiasi tentativo di interrompere o deviare il flusso d’acqua di proprietà del Pakistan ai sensi del Trattato sulle acque dell’Indo, nonché l’usurpazione dei diritti delle rive rivierasche inferiori, sarà considerato un atto di guerra”. Il Pakistan ha annunciato che “eserciterà il diritto di sospendere tutti gli accordi bilaterali con l’India, tra cui, a titolo esemplificativo ma non esaustivo, l’Accordo di Simla, finché l’India non desisterà dal suo comportamento manifesto di fomentare il terrorismo all’interno del Pakistan, commettere omicidi transnazionali e non aderire al diritto internazionale e alle risoluzioni delle Nazioni Unite sul Kashmir”.
In risposta a misure definite “belligeranti”, il Pakistan, a sua volta, ha annunciato la chiusura del valico di frontiera di Wagah con effetto immediato, consentendo i rientri entro il 30 aprile, e la sospensione dei visti Saarc per i cittadini indiani, con la richiesta di lasciare il Paese entro 48 ore, fatta eccezione per i pellegrini sikh. Anche il Pakistan ha dichiarato persone non gradite i consiglieri militari presso l’ambasciata indiana imponendo loro di lasciare il Paese entro il 30 aprile, data entro la quale il personale indiano dovrà scendere a 30 unità. Il Pakistan, inoltre, ha chiuso il suo spazio aereo alle compagnie aeree di proprietà indiana o gestite dall’India e ha sospeso tutti gli scambi commerciali, compresi quelli da e verso Paesi terzi attraverso il Pakistan.
L’Accordo di Simla del 1972 – firmato al termine della Guerra indo-pachistana del 1971 – è quello che definisce la linea di controllo (Loc), la demarcazione militare, non coincidente col confine internazionale, che separa il territorio kashmiro controllato dall’India (il Territorio dell’Unione di Jammu e Kashmir) da quello controllato dal Pakistan (le divisioni amministrative Azad Kashmir e Gilgit-Baltistan). La linea di controllo è rimasta invariata da allora. Con l’accordo le parti si erano impegnate anche a superare i contrasti “con mezzi pacifici attraverso negoziati bilaterali”, impegno che non è stato portato avanti.
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