azienda agricola tagliata fuori dai contributi europei

Lui, giovane rampollo di una famiglia che da generazioni si occupava di agricoltura aveva fondato, 7 anni fa, la sua impresa, ottenendo fin dalla costituzione i contributi di legge previsti attraverso l’Agea, l’istituto che sostiene le aziende nel comparto.
Tutto sembrava andar bene, almeno fino al 2023, quando sulla testa dell’azienda, nonostante il suo titolare sia incensurato, arriva una tegola: un provvedimento di interdittiva antimafia firmato dalla Prefettura di Agrigento. L’imprenditore allora ricorre al Tar, il quale però da ragione all’ufficio territoriale del governo.
La vicenda, giunta a sentenza in questi giorni, è un nuovo esempio di come la legislazione connessa alle procedure “atipiche”, in modo assolutamente precauzionale, possa colpire le imprese anche se a queste e ai propri titolari non viene contestato nulla di illegale.
Nel caso di specie sono le colpe dei padri a ricadere sui figli: il genitore dell’imprenditore, infatti, è un pluripregiudicato. Un fatto che per il titolare dell’azienda non sarebbe abbastanza per tagliarlo fuori dai contributi europei, e ha infatti proposto ricorso alla giustizia amministrativa contestando: “l’illegittimità del provvedimento impugnato in quanto adottato essenzialmente sulla scorta di un unico elemento indiziario correlato a fatti risalenti nel tempo che, in assenza di ulteriori evidenze, non sarebbero in grado di sorreggere un giudizio di permeabilità mafiosa dell’impresa; in particolare non vi sarebbero elementi nuovi che si pongano in continuità rispetto a quegli stessi fatti richiamati nella sentenza di condanna pronunciata a carico del padre del ricorrente”.
Di tutt’altro parere il Tar, che alla fine ha confermato l’interdittiva, ritenendo che “il rischio di infiltrazione e di condizionamento nell’esercizio dell’attività di impresa si rinviene in un ampio quadro di insieme che tiene conto dei precedenti penali del padre del ricorrente, delle relazioni interpersonali di quest’ultimo con soggetti controindicati e lo stretto legame intercorrente con il ricorrente”.
L’uomo, infatti, continuerebbe a svolgere la sua attività di imprenditore agricolo nonostante un passato tutt’altro che limpido: nel 2011 venne denunciato per il reato di truffa nel contesto di una compravendita di uva, “è solito – scrivono i giudici – associarsi a esponenti di spicco delle consorterie mafiose locali”, è stato oggetto di un provvedimento di sequestro del proprio patrimonio immobiliare che sarebbe stato in realtà gestito per conto di un mafioso, è stato condannato per aver investito in attività imprenditoriali soldi di un soggetto già condannato per associazione mafiosa e venne arrestato nel contesto dell’operazione antimafia “Apocalisse”. “Risultano inoltre non meno rilevanti, anche gli ulteriori elementi valorizzati dalla Prefettura di Agrigento, quali l’età dell’appellante e la coincidenza della sede dell’impresa con la residenza del padre dal 2021 sino al 27 gennaio 2023, nonché l’esercizio di attività imprenditoriale nel medesimo settore economico del padre”, concludono i giudici, che confermano quindi l’interdittiva a carico dell’impresa.
Fonte: https://www.agrigentonotizie.it/cronaca/interdittiva-antimafia-tar-operazione-apocalisse.html