“Di Falco ucciso per errore?”
La Cassazione accoglie il ricorso dei pm e rimette tutto in discussione: la morte di Roberto Di Falco, rimasto ucciso lo scorso 28 febbraio a conclusione di una sparatoria avvenuta nel piazzale di una concessionaria al Villaggio Mosè, potrebbe essere stata la conseguenza di un “omicidio per errore”. Questa tesi, delineata dalla procura, è stata accolta dal gip ma poi sconfessata dai giudici del riesame.
La suprema corte, adesso, rimanda tutto al tribunale della libertà che dovrà esaminare il caso, sempre sul piano indiziario, e stabilire se emettere un’ordinanza cautelare.
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Il pubblico ministero Gaspare Bentivegna, intanto, nelle scorse settimane, ha fatto notificare l’avviso di conclusione delle indagini preliminari, atto propedeutico alla richiesta di rinvio a giudizio.
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La ricostruzione dell’episodio è particolarmente complessa ma procura, gip e tribunale del riesame sono d’accordo su un punto centrale: il 38enne palmese Roberto Di Falco è stato ucciso dopo che il commerciante di auto, che lo avrebbe truffato facendo degli acquisti con degli assegni scoperti, aveva reagito a un brutale pestaggio da parte dello stesso Di Falco, del fratello e di due amici che sarebbero partiti da Palma col proposito di pestarlo e, parrebbe, ucciderlo a colpi di pistola per vendicarsi del raggiro.
Il concessionario di auto, vittima del pestaggio, quando avrebbe visto spuntare la pistola, con una mossa fulminea l’avrebbe spostata deviando il colpe sull’addome di Roberto Di Falco. Il fatto è avvenuto nel piazzale del negozio mentre il titolare, secondo la ricostruzione dei fatti, si trovava all’interno di un’auto.
Secondo la procura e il gip Giuseppe Miceli, che ha firmato l’ordinanza cautelare, si sarebbe trattato di “omicidio per errore”. Ricostruzione storica avallata dal tribunale del riesame che, però, la riqualifica diversamente sul piano giuridico: la spedizione punitiva finita male, in sostanza, si sarebbe conclusa con un omicidio da parte del commerciante che, però, non sarebbe punibile in quanto avrebbe agito per legittima difesa.
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Sotto accusa Angelo Di Falco, 39 anni, fratello della vittima, Calogero Zarbo, 41 anni e Domenico Avanzato, 37 anni, tutti di Palma.
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I giudici del riesame, tuttavia, hanno confermato la custodia cautelare in carcere per tutti per l’accusa di tentato omicidio ai danni del figlio del titolare della concessionaria, al quale Angelo Di Falco avrebbe provato a sparare dopo che il fratello era caduto per terra in seguito al colpo ricevuto, e per quella di detenzione illegale di arma. La vittima designata, in questo caso, si sarebbe salvata per l’inceppamento della pistola che non è stata ritrovata.
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La difesa ha sempre sostenuto che i quattro palmesi siano andati nella concessionaria per picchiare il titolare – le immagini della video sorveglianza lo mostrano con chiarezza – e che lo stesso abbia tirato fuori la pistola e abbia fatto fuoco, uccidendo Roberto Di Falco.
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Il concessionario, indicato adesso come parte offesa, ha nominato come difensore l’avvocato Salvatore Cusumano e si potrà costituire parte civile. La procura, in ogni caso, non arretra, nonostante l’annullamento del provvedimento restrittivo e si appresta a mandare i tre imputati a processo anche per l’accusa di “omicidio per errore”. Nel frattempo è arrivata la decisione della Cassazione che ordina di rivalutare il caso sul piano indiziario. L’eventuale nuova ordinanza cautelare non sarebbe, comunque, definitiva perché i difensori (gli avvocati Giovanni Castronovo, Santo Lucia, Giuseppe Barba e Antonio Ragusa) potranno impugnare il provvedimento.
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