Dopo i referendum la partita regionali: ecco cosa può succedere dal Veneto alla Campania

Altro che referendum sul governo. Per la squadra guidata da Giorgia Meloni, quello voluto dal centrosinistra si è trasformato in un referendum sulle opposizioni stesse. «Un’alternativa a noi non esiste», è la linea che filtra dai piani alti di Palazzo Chigi, dove la convinzione è che le urne abbiano sancito la disfatta del campo largo. «È definitivamente morto», l’espressione usata dal presidente del Senato Ignazio La Russa, stigmatizzata dall’altra sponda politica ma largamente condivisa nella maggioranza, che con un sospiro di sollievo ha visto i risultati arrivati dai seggi.
In particolare, i meloniani sottolineano quelli sul quesito per dimezzare i tempi per la cittadinanza che, per dirla con un big di FdI, «mettono una pietra tombale sulla visione ideologica sull’immigrazione che ha la sinistra, tra porte aperte e ius soli». I social di FdI non hanno lesinato ironia e sarcasmo nei confronti di Elly Schlein, e degli alti leader delle opposizioni: dal meme di Riccardo Magi in un seggio deserto con il lenzuolo del referendum fantasma, al post del tipo «volevate fermare Giorgia Meloni. Gli italiani hanno fermato voi». Le analisi che si fanno in ambienti di FdI sono ancora più nette. «Abbiamo detto di non andare a votare e gli italiani in gran parte non sono andati», è una delle constatazioni che circolano tra i fedelissimi della premier. La convinzione è che le opposizioni abbiano tentato una «manovra spericolata», e che alla fine «il tentativo di farsi la corsa uno con l’altro abbia fatto gioco al centrodestra».
Fazzolari: governo rafforzato, sinistra indebolita
«Il governo ne esce ulteriormente rafforzato e la sinistra ulteriormente indebolita», la sintesi del sottosegretario Giovanbattista Fazzolari. In particolare si guarda al risultato del quinto quesito, quello sulla cittadinanza, con i Sì che si sono fermati poco oltre il 60%. Ai piani alti del governo lo leggono anche come una promozione alle politiche migratorie. Nonché la conferma che l’attuale legge sulla cittadinanza «è ottima», come ha chiarito la stessa Meloni più volte, pure alla vigilia del referendum. Matteo Salvini a sua volta rilancia, chiedendo «regole più chiare e severe per essere cittadini italiani, non basta qualche anno in più di residenza». E su questo fronte si fa difficile il piano di Forza Italia di convincere gli alleati a sposare l’idea dello Ius Scholae.
Lo sguardo verso le regionali di autunno: Zaia e De Luca alla finestra
Di certo se i referendum avessero raggiunto il quorum, ora il centrodestra guarderebbe con maggiore preoccupazione al prossimo test elettorale, le Regionali in autunno. Ci sono vari nodi da sciogliere. L’apertura di FdI sul terzo mandato porterà a un confronto nella coalizione: ma i tempi sono stretti, l’esito non è scontato, e sarà dirimente per la scelta dei candidati, soprattutto in Veneto. L’apertura del centrodestra potrebbe riaprire i giochi in Campania. Tra il governatore Vincenzo De Luca e la segretaria del Pd Elly Schlein non sono mancati i momenti di tensione: De Luca aspirava al terzo mandato, mentre Schlein è sempre stata contraria. «Se decidono la fanno domani mattina – ha detto De Luca -. Se il governo vuole, lo si fa in 48 ore. Non credo che abbiamo una forza frenante del Parlamento».
Sono decisioni che passano soprattutto dai leader, e non è escluso che a breve possano fare il punto Meloni, Salvini e Antonio Tajani, anche perché dal fine settimana la premier è attesa da una serie di impegni internazionali, il G7, il summit Nato e il Consiglio europeo. Comunque vada, è il ragionamento che fa un big del partito di Meloni, «le Regionali non saranno un test per il governo, né andrà a finire come nel 2000», quando si andò a votare in 15 regioni, L’Ulivo ne vinse 7, la Casa delle libertà 8 e la conseguenza politica fu la caduta del secondo governo D’Alema. «All’epoca c’era un’alternativa chiara, Berlusconi. Questa volta – la convinzione che accompagna il ragionamento – l’alternativa al governo Meloni non si vede».