Educazione duale | Alessadro D’Avenia


Al liceo, imparando la declinazione dei nomi e la coniugazione dei verbi greci, rimasi colpito da una forma grammaticale che a noi manca: il duale. Oltre al singolare (l’occhio vede) e il plurale (gli occhi vedono), i Greci avevano un modo specifico per indicare un elemento che ne implica un altro, non in quanto somma, ma come realt nuova data proprio dalla relazione dei due.

Per tradurre dovevamo aggiungere un due, ma la perifrasi di cui l’italiano necessita (i due occhi vedono) non d sufficiente conto dell’azione congiunta, mentre loro avevano una forma specifica, quasi intraducibile (gli occhi vedono insieme), perch pi che il numero segnala l’effetto della relazione.

Il duale non quindi n un singolare n un plurale: la vista tridimensionale non la somma di due occhi ma un occhio a due.

Rari sono i casi in cui negli anni di scuola mi sono imbattuto nel duale, senza per altro capirne del tutto la precisione o necessit. L’ho intuita qualche giorno fa quando, con la mia futura sposa, siamo andati in una bottega di oreficeria e, guidati da una brava maestra (Anna), abbiamo forgiato in nove ore le nostre fedi: dalla fusione dell’oro grezzo fino all’anello, promessa d’amore in molte culture anche tra loro distanti. Due anelli, uno con il nome dell’altro, sono un duale aureo, e di un’educazione duale oggi abbiamo grande bisogno, come mostra anche la cruenta cronaca recente. La costruzione degli anelli me lo ha reso ancora pi evidente. Come?

Lei ed io non siamo un semplice noi, ma un noidue un uno in due, una nuova entit, che supera la somma di 1+1, come due occhi, due orecchie, due narici non sono organi sommati, ma la vista, l’udito, l’olfatto: la coppia non una somma di single che tentano di stare insieme fino a prova contraria, ma un’azione duale che genera l’inedito.

L’anello di un materiale raro e duraturo forgiato in forma circolare, simbolo di novit nella continuit, il segno di questa azione duale. Viene posto sull’anulare (che significa appunto il dito dell’anello) della mano sinistra perch nell’antichit si credeva che fosse collegato al cuore da una vena detta dell’amore, per cui infilarvi l’anello abbracciare il cuore dell’altro, l’altro cos com’.

Forgiare gli anelli stato un impegno fisico di una giornata, come amarsi un’officina aperta h24 (forgiare viene proprio dal latino fabrica, la bottega del fabbro). Tutto comincia unendo l’argento e il rame all’oro, altrimenti poco malleabile: chiamiamo comunemente questa lega (75% del nobile metallo e 25% per gli altri due) a 18 carati. I metalli meno nobili sono necessari, come in una relazione gli aspetti meno brillanti lo sono perch ci si possa lavorare: finalmente c’ qualcuno che ama tutto ci che siamo, anche il nostro 25% meno nobile, ma proprio questo, nel tempo, ci fa superare noi stessi e fa brillare tutto.

Il piccolo lingotto informe viene poi passato e ripassato in tre differenti presse che, con un certo impegno muscolare, lo trasformano in un filo della larghezza e sezione desiderata. Cos fa il tempo: modella la relazione verso il suo compimento, un nascere sempre di pi, non un mero resistere. Il tempo d la forma giusta alla relazione, spogliandola da idealizzazioni, manipolazioni, giochi di potere: non infatti mai il tempo a spegnere l’amore, ma il disamore, cio tutte quelle forme di potere/sottomissione che ho cercato di narrare in Ogni storia una storia d’amore, rendendo giustizia a donne dimenticate dalla storia ufficiale.

Ogni volta che il metallo viene provato dalle presse, bisogna poi rimetterlo a fuoco, fino al rosso vivo, cio in stato di quasi fusione, cos le molecole indebolite da colpi e trazioni si riuniscono e rinnovano. quello che serve nei momenti di crisi o di logorio: riportare la relazione a fuoco, trasformando proprio ci che l’ha messa alla prova in occasione per rigenerarla.

Le molecole della relazione di coppia hanno la stessa capacit dell’oro di rinnovarsi, ma solo se le si riporta ogni volta al duale, all’unione senza fusione, all’unit nella differenza, che fa superare le ragioni dell’io contro il tu grazie al noidue ritrovato nel fuoco che sin dall’origine aveva creato il legame.

Una fase molto affascinante della forgiatura poi la chiusura dei due margini ancora separati. Una volta accostati perfettamente a forza di mani (un’azione vi assicuro pi che mai faticosamente duale) e pinze, bisogna poggiare sulla linea di sutura un minuscolo frammento d’oro, detto paglione, una lega aurea che fonde prima dell’altra, altrimenti tutto l’anello sarebbe liquefatto. Il paglione va a riempire perfettamente la fessura tra i margini, diventando poi tutt’uno senza lasciare il segno di unione non appena si porta di nuovo tutto l’anello al rosso vivo. Il paglione sar la parola o il gesto che, se non vi rinunciamo, riuscir a vincere e colmare la distanza.

A questo punto, l’anello, ancora irregolare, va martellato su un cono di ferro sino a diventare perfettamente circolare, per poi essere lucidato con lime, carte e setole, di diversa grammatura, fino a far sparire ogni imperfezione e rendere il metallo brillante. Durante la lavorazione non sembrava potessimo ottenere quel risultato, come capita nella relazione, ma alla fine gli anelli erano perfetti, forgiati ad arte dalle nostre mani, sapientemente guidate: la relazione il (capo)lavoro di una vita. Non erano solo due anelli, ma un duale, un noidue aureo: l’unione nella differenza, quell’azione comune che permette a ognuno di essere chi è ma anche chi ancora non e diventarlo sempre pi, grazie all’altro, senza dominio, sottomissione, manipolazione.

Il duale non quindi a met strada tra singolare (individuo) e plurale (societ), ma l’origine di entrambi: la coppia fa i due, si fa nella differenza senza che diventi opposizione e nell’unit senza che diventi fusione, solo cos un rapporto tra soggetto e soggetto (generativo) e non tra soggetto e oggetto (degenerativo): al massimo di appartenenza corrisponder il massimo di libert, al massimo di unione il massimo di individuazione. Come la coppia di occhi, orecchie, narici fanno il vedere, l’udire, il respirare, cos il noidue fa l’amare, l’uno in due, la forma duale di esistere: co-esistere. Un duale che stiamo scoprendo, imparando, facendo con gioia inattesa, come quelle fedi.



Fonte: https://www.corriere.it/alessandro-d-avenia-ultimo-banco/23_giugno_05/164-educazione-duale-8d2f9610-02cd-11ee-b7bb-578b9f133bbc.shtml

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