“Ghalibaf sembra il candidato più forte, ma l’affluenza sarà determinante”


In anticipo sulle tempistiche previste, sono stati resi noti i nomi dei sei candidati che si sfideranno alle prossime elezioni presidenziali iraniane, convocate per il 28 giugno dopo la morte del presidente Ebrahim Raisi, del ministro degli Esteri Hossein Amirabdollahian e altri funzionari in un incidente in elicottero lo scorso 19 maggio. Il Consiglio dei guardiani, un organo composto da sei teologi nominati dalla guida suprema, l’ayatollah Ali Khamenei, e da sei giuristi approvati dal Parlamento, che ha il compito di verificare l’idoneità dei candidati, ha ammesso Mustafa Pourmohammadi, Massoud Pezeshkian, Saeed Jalili, Alireza Zakani, Mohammad Bagher Ghalibaf e Amirhossein Ghazizadeh Hashemi. Mentre candidati come l’ex presidente Mahmoud Ahmadinejad, l’ex presidente del parlamento Ali Larijani e l’ex vicepresidente Eshaq Jahangiri sono stati esclusi. Gli iraniani sono chiamati al voto dopo che le elezioni parlamentari di marzo avevano registrato un’affluenza del 41 per cento, la più bassa nella storia della Repubblica islamica. Un dato che conferma una volta di più la profonda crisi di legittimità della leadership di Teheran dopo l’ondata di proteste del 2022.

Nonostante la figura del presidente non sia la più rilevante all’interno dell’ordinamento iraniano, retto dalla guida suprema, queste elezioni potrebbero rivelarsi di particolare importanza. Non solo a causa del contesto internazionale e regionale che si fa sempre più preoccupante, ma anche e soprattutto per le dinamiche e per gli equilibri di potere interni alla Repubblica islamica. “Questo presidente, così come questo Parlamento, potrebbero dover gestire la transizione della leadership”, spiega Nicola Pedde, direttore dell’Institute for Global Studies (Igs), ricordando l’importanza del tema della successione di Khamenei, che ha 85 anni. Si tratta di “un passaggio molto complicato, che potrebbe portare all’elezione di una terza guida o addirittura a una transizione costituzionale che, come è successo nel 1989, cambierebbe completamente i parametri e il quadro istituzionale”. I possibili scenari “sono tutti molto importanti e delicati, proprio per questo credo che ci sia un interesse condiviso a impedire che frange ultraconservatrici possano alterare un meccanismo di continuità che rappresenta l’unica garanzia per la Repubblica islamica di poter transitare a una nuova fase generazionale”, prosegue l’esperto.

In quest’ottica il candidato più idoneo a garantire questa transizione sarebbe Mohammad Bagher Ghalibaf, che “è sicuramente il più conosciuto e probabilmente anche quello più stimato nell’ambito della compagine dei conservatori”, secondo Pedde. “Si è guadagnato una reputazione abbastanza positiva, soprattutto durante gli anni in cui è stato sindaco di Teheran” (dal 2005 al 2017). Ghalibaf, che si candida alle elezioni per la quarta volta, è l’attuale presidente del Parlamento ed è stato capo della polizia iraniana dal 2000 al 2005, oltre che comandante dell’aeronautica dei Guardiani della rivoluzione dal 1997 al 2000. Si tratta di un candidato che appartiene all’area principalista, spiega Pedde, ovvero “quell’area che tende a promuovere una linea di continuità meno conflittuale possibile nell’ambito della transizione generazionale e del potere, pur essendo notoriamente rispettosa della guida suprema e degli esponenti di prima generazione”. Chi fa parte di quest’area rappresenta una “cerniera tra la prima e la seconda generazione, ma che comunque ha sempre rispettato i canoni istituzionali fondamentali della Repubblica islamica”, afferma l’esperto, ricordando che a questa compagine appartengono anche altri due candidati: Alireza Zakani e Mustafa Pourmohammadi.

Nessuno dei due contendenti sembra avere la capacità di attirare grande consenso, secondo Nicola Pedde. Zakani, attuale sindaco della capitale Teheran, “non si è particolarmente distinto in questo ruolo ed è stato anche al centro delle critiche per una questione di nepotismo negli ultimi mesi”, spiega l’esperto, aggiungendo che “il suo partito (Società dei seguaci della rivoluzione islamica) è considerato molto opportunista dall’elettorato, per aver appoggiato in passato l’ultraconservatore Ahmadinejad”. Un vantaggio di Zakani potrebbe essere però la sua posizione di sindaco di Teheran, “che gli permette di organizzare una campagna elettorale più incisiva”, aggiunge Pedde, spiegando che nonostante questo i sondaggi della stampa iraniana lo considerano al momento l’ultimo tra i candidati. L’altro principalista, Pourmohammadi, l’unico esponente del clero a essere stato ammesso nella corsa elettorale, “è una figura altamente controversa, molto discussa e rischia veramente di alimentare un rifiuto verso il voto”, afferma Pedde.

La vera sfida sarà dunque probabilmente quella tra Ghalibaf e Saeed Jalili, secondo il direttore dell’Institute for Global Studies. Insieme ad Amirhossein Ghazizadeh Hashemi, Jalili fa parte dello schieramento ultraconservatore ed “è una figura nota nella politica iraniana, è l’ex responsabile del negoziato per il nucleare, di cui è sempre stato uno strenuo oppositore”, spiega Pedde, aggiungendo che si tratta di un esponente “molto scaltro, che è sempre stato molto attento a misurare le parole all’interno del dibattito politico, evitando di farsi additare come un fanatico dei gruppi di opposizione”. Jalili resta tuttavia un tecnocrate, e non di primo piano, ricorda Pedde, “quindi sarà difficile per lui avere la capacità di raccogliere un’importante base elettorale”. Cosa su cui invece può contare Ghalibaf, che tra i candidati “è quello capace di mobilitare un forte sostegno popolare”. “In questa occasione credo che possa avere delle concrete chance di vittoria, soprattutto rappresentando quell’elemento di cerniera non solo tra le generazioni, ma anche tra le componenti del sistema politico di area conservatrice”, prosegue Pedde, ricordando che Ghalibaf “nel corso della sua carriera ha saputo sostenere delle posizioni altamente pragmatiche, anche nei confronti delle formazioni riformiste”.

Il presidente del Parlamento “è stato un sostenitore del dialogo con gli Stati Uniti, della necessità di arrivare a un accordo sul nucleare, ed è stato molto critico nei confronti degli ultraconservatori, soprattutto nel merito delle questioni di ordine religioso, di imposizione dei costumi sociali, quindi si è guadagnato in qualche misura anche la stima di una componente più giovane dell’elettorato”, afferma Pedde. Inoltre, Ghalibaf potrebbe essere in grado di convogliare il sostegno di una parte del potente gruppo dei pasdaran. “All’interno della compagine dell’Irgc ci sono posizioni molto contrastanti e sicuramente c’è una componente molto forte che sostiene il fronte Paydari, la componente ultraconservatrice”, tuttavia “i pasdaran, che non sono un blocco monolitico, hanno un’agenda che è solo in parte connessa alle dinamiche della politica internazionale di sicurezza”, spiega Pedde. “Le priorità del corpo dei guardiani della rivoluzione sono soprattutto legati alla politica economica e Ghalibaf potrebbe essere un’ottima sintesi dell’interesse di queste componenti all’interno del sistema”.

Il secondo candidato ultraconservatore, Hashemi, uno degli attuali vicepresidenti della Repubblica nell’ambito del mandato di Raisi, “è una figura abbastanza sconosciuta, nonostante abbia un certo potere perché è a capo della Fondazione dei Martiri e dei Veterani (Bonyad Shahid va Omur-e Janbazan), che è considerabile come il collettore politico ed economico dei pasdaran”, spiega Pedde. Tuttavia, Hashemi “non ha la capacità di mobilitare il voto delle componenti giovanili” ed è “notoriamente legato agli ultraradicali”, prosegue l’esperto, che aggiunge: “Non mi stupirei se fosse una di quelle candidature staffetta, come spesso capita nelle elezioni iraniane”. Hashemi potrebbe cioè ritirare la sua candidatura al momento più opportuno per sostenere quella più rilevante di Jalili.

Resta infine l’unico contendente ascrivibile al cosiddetto schieramento riformista, Massoud Pezeshkian, ex vicepresidente del Parlamento ed ex ministro della Sanità dal 2001 al 2005 sotto la presidenza di Mohammad Khatami. Si tratta di “una figura stimata ma poco nota nel panorama politico e che probabilmente non ha una grande capacità in termini indipendenti di mobilitare una gran base elettorale”, secondo Nicola Pedde, che aggiunge: “Essendo l’unico candidato di quell’area potrebbe però diventare uno stimolo per l’elettorato di area pragmatica-riformista per andare alle urne e quindi potrebbe portare delle sorprese”. “Credo che la scelta di avere almeno un candidato di quest’area sia stata motivata esclusivamente dalla necessità per la Repubblica islamica di avere un’affluenza alle urne che sia più alta di quella delle parlamentari di marzo”, prosegue Pedde, spiegando che si tratta di una “questione di legittimità su cui si gioca la credibilità delle istituzioni”. Una scelta che comporta tuttavia dei rischi: “Ammettendo candidati che possano attrarre la stragrande maggioranza degli elettori- che sono la componente giovanile iraniana e tendenzialmente più di area centrista-riformista – c’è il rischio di avere una sorpresa alle urne e quindi chiaramente anche nella scelta dei candidati credo che ci sia stato un bilanciamento abbastanza importante da questo punto di vista”.

“La mia personale interpretazione di queste selezioni è che ci sia stata una chiara volontà di ammettere una rappresentanza multipla, molto modesta sull’area riformista-pragmatica e molto debole sull’area ultraconservatrice, cercando di canalizzare chiaramente il voto in area principalista”, dichiara Pedde, sottolineando che resta però da vedere quello che succederà in sede elettorale. “La scelta di Ghalibaf secondo me potrebbe essere strategica, perché potrebbe rappresentare la capacità di andare in direzione di quella auspicata transizione soft nel passaggio generazionale che la guida e la prima generazione stanno cercando di perorare in ogni modo possibile”. “È chiaro che anche in queste elezioni la dinamica del confronto è tutta interna all’area dei conservatori, quindi di fatto è uno scontro tra principalisti e ultraconservatori, dove in termini di nomine i principalisti appaiono più forti e favoriti”, afferma il direttore dell’Igs. L’affluenza sarà dunque un dato determinante: “se sarà alta è fortemente probabile che il fronte principalista riuscirà ad affermarsi senza particolari problemi, perché la variabile riformista appare al momento piuttosto debole”, afferma Pedde. “Se invece l’affluenza dovesse essere bassa si aprirebbe una finestra di opportunità molto importante per il fronte degli ultraconservatori, che potrebbe avere una base elettorale molto più coesa e molto più compatta in termini di partecipazione al voto e quindi riuscirebbe probabilmente a canalizzare su Jalili il voto di quell’area”.

Va infine menzionata la questione degli esclusi dalla competizione elettorale che, come ricorda Pedde, evidenzia ancora una volta la vaghezza e l’opacità dei criteri di selezione adottati dal Consiglio dei guardiani. Tra i bocciati “eccellenti” ci sono certamente Mahmoud Ahmadinejad e Ali Larijani, “che erano considerati due potenziali candidati forti, in particolare l’ex presidente, che avrebbe avuto le capacità per attrarre una buona parte del voto ultraconservatore, che adesso peraltro è maggioritario in Parlamento”. A prescindere però dai risultati del 28 giugno non ci saranno però grandi cambiamenti nella politica iraniana. “La politica interna, estera ed economica della Repubblica islamica è già in un solco abbastanza ben definito, e non sarà certo il presidente a mutarlo, chiunque sia il candidato che uscirà vincitore dalle urne”, spiega Pedde. “Il vero appuntamento per il cambiamento in Iran sarà la morte di Khamenei. In quel momento si apriranno diversi scenari e non escludo che si possa andare in direzione di una riforma costituzionale questa volta”, conclude l’esperto.

Leggi anche altre notizie su Nova News

Clicca qui e ricevi gli aggiornamenti su WhatsApp

Seguici sui canali social di Nova News su Twitter, LinkedIn, Instagram, Telegram





Fonte: https://www.agenzianova.com/news/iran-pedde-a-nova-ghalibaf-sembra-il-candidato-piu-forte-ma-laffluenza-sara-determinante/

Back to top button