Gli esperti di Isin: “I fusti di uranio in Libia potrebbero essere usati per una bomba sporca”


barili uranio

Mentre è ancora in corso di chiarimento la vicenda dei fusti di uranio (ben 2,5 tonnellate) “persi” nella città di Seba, nel sud della Libia, e poi ritrovati dalle forze dell’autoproclamato Esercito nazionale libico (Lna) del generale Khalifa Haftar, gli esperti dell’Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione (Isin) intervengono per fare chiarezza sulla pericolosità e l’eventuale impiego di questo materiale per fini terroristici o bellici. Rispondendo ad alcune domande di “Agenzia Nova”, l’Isin sottolinea come il cosiddetto “yellowcake” possa essere disperso nell’ambiente facendo detonare una “bomba sporca”, ovvero, un ordigno esplosivo convenzionale contenente del materiale radioattivo. “In tal caso però, sia gli effetti radiologici che quelli tossici sarebbero comunque limitati, in quanto i quantitativi inalati sarebbero in ogni caso modesti”, sottolinea l’Isin. “Bisogna invece considerare che lo Yellowcake, contenendo ossidi di uranio purificati, costituisce, da un punto di vista industriale, un materiale ‘pregiato’. Di conseguenza, un furto di questo materiale potrebbe essere appetibile anche dal punto di vista economico”, affermano gli esperti. “Compagnie specializzate che forniscono all’industria nucleare informazioni sempre aggiornate sui costi di mercato danno un costo dell’uranio negli ultimi 10 anni oscillante tra i 50 ed i 100 dollari al chilo, risultando nei primi mesi del 2023 prossimo ai 100 dollari al chilo”, sottolineano gli esperti dell’Isin.

Per quanto riguarda la pericolosità di questo materiale radioattivo, l’Isin precisa: “Il cosiddetto ‘Yellowcake’ è la forma raffinata del minerale dell’uranio, che dal punto di vista chimico si presenta come un ossido (U3O8). Dopo la fase di estrazione in miniera il minerale viene frantumato e passato in una soluzione acida per eliminare le impurità presenti. Al termine di questo processo si ottiene una polvere grossolana, il più delle volte di colore giallo, da cui deriva il nome Yellocake. Il contenuto di Uranio in questa polvere è pari all’80-90 per cento. In particolare, l’uranio presente nello Yellocake è costituito per il 99,3 per cento dell’elemento U238 e, per lo 0,07 per cento, dell’elemento U235. Con successivi processi di arricchimento nell’isotopo U235 si ottiene l’uranio utilizzato per realizzare il combustibile per le centrali nucleari. Nei più comuni reattori nucleari il combustibile è arricchito in U235 per alcune unità percentuali (3-5 per cento). Per un utilizzo a fini bellici occorrerebbe raggiungere un arricchimento molto più elevato, superiore al 90 per cento. A tal fine sono comunque necessari impianti di arricchimento complessi”.

Come osservano gli esperti dell’Isin, “l’uranio naturale che costituisce lo Yellocake è caratterizzato da una radioattività molto bassa, con emissione di radiazioni di tipo prevalentemente alfa”. Infatti, “esso non può pertanto determinare particolari problemi di esposizione esterna alle radiazioni mentre, se inalato o ingerito, comunque in grandi quantità, può determinare un’esposizione non trascurabile degli organi interni”. Gli esperti dell’Isin ricordano che “essendo l’uranio un metallo pesante, nei casi d’inalazione o ingestione è tuttavia prevalente la sua tossicità chimica”.

Ieri, l’autoproclamato Esercito nazionale libico del generale Haftar ha riferito che i fusti di uranio precedentemente scomparsi sono stati ritrovati “in una località che non dista più di cinque chilometri dal suo deposito, in direzione del confine con il Ciad”. Il comandante del Dipartimento di orientamento morale presso il comando generale dell’Esercito nazionale libico (Lna), Khaled al Mahjoub, ha quindi “smentito la perdita di 2,5 tonnellate di uranio”, affermando che l’Lna è in possesso del materiale in questione. In un comunicato diffuso su Facebook, Mahjoub ha dichiarato che ieri l’Agenzia internazionale per l’energia atomica ha informato l’Lna della scomparsa di dieci fusti di uranio, precisando che un reparto dell’Lna incaricato di seguire la vicenda “li ha trovati a cinque chilometri dal deposito in cui si trovavano originariamente, in direzione del confine con il Ciad”. Il deposito, peraltro, secondo Mahjoub, era stato ispezionato dall’Aiea nel 2020 e la sua porta era stata immediatamente sigillata. “Abbiamo inviato un video che mostra la presenza dei fusti non appena questi sono stati trovati”, ha spiegato Mahjoub, “e abbiamo chiesto all’Aiea di inviare esperti”.

Secondo Mahjoub, la responsabilità della scomparsa temporanea dei fusti di uranio ricadrebbe su un gruppo di opposizione del Ciad, non meglio precisato, che sarebbe venuto a conoscenza della presenza di armi e munizioni nel deposito in cui si trovavano. “Per avere a che fare con questi materiali pericolosi e radioattivi”, ha spiegato Mahjoub, “è necessario un solido sostegno per preservarli e per trattarli, proprio a causa delle loro pericolosità”. Inoltre, a proposito della visita degli ispettori dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica nel sito in cui erano stoccati i fusti di uranio, Mahjoub ha dichiarato che vi erano state dispiegate guardie per controllarlo e che era stato chiesto all’Aiea di fornire loro abiti e attrezzature adeguate. Purtroppo, ha spiegato Mahjoub, l’agenzia non avrebbe ascoltato tali richieste, ragion per cui l’Esercito nazionale libico (Lna) ha imposto ai custodi di disporsi a una certa distanza, affinché non corressero pericoli.

Interpellata da “Nova”, l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) ha affermato che sta lavorando “attivamente” per verificare le notizie diffuse dai media libici. “Siamo a conoscenza delle segnalazioni dei media secondo cui il materiale è stato trovato e l’Agenzia sta lavorando attivamente per verificarle”, ha sottolineato l’ufficio stampa dell’Agenzia Onu che in precedenza aveva denunciato la scomparsa dei dieci fusti contenenti 2,5 tonnellate di uranio naturale a un sito di stoccaggio in Libia.

Dal 2020, il gruppo paramilitare russo Wagner eserciterebbe il proprio controllo sul sito di stoccaggio di uranio del Monte Ben Arif, a nord-est della città libica di Sebha, nell’omonimo distretto della provincia sud-occidentale del Fezzan. Lo ha riferito ad “Agenzia Nova” una fonte vicina agli apparati di sicurezza della città libica. Secondo la stessa fonte, inoltre, il gruppo Wagner considera Monte Ben Arif come una propria postazione militare, anche in virtù della presenza nell’area di numerosi siti militari e dei più grandi siti di stoccaggio di materiale militare del Paese. Secondo le fonti di “Nova“, l’Lna avrebbe impedito agli ispettori dell’Agenzia nazionale libica per l’energia atomica l’accesso al sito di Ben Arif, consentendolo solo in seguito “sotto pressione”. Haftar, peraltro, prima di lasciare entrare gli ispettori, avrebbe spostato parte del materiale in altri siti, sotto la supervisione del gruppo Wagner. Infatti, secondo la stessa fonte, l’Agenzia libica per l’energia atomica non ha alcun controllo sui siti di stoccaggio di uranio situati nel Sud della Libia.

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Fonte: https://www.agenzianova.com/news/gli-esperti-di-isin-i-fusti-di-uranio-in-libia-potrebbero-essere-usati-per-una-bomba-sporca/

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