«Il merito è dare opportunità a chi non ne ha. Mai far tacere libri e presentazioni»- Corriere.it


di Marzio Breda

Il capo dello Stato celebra don Milani: scuola di tutti e per tutti. Il grazie di Roccella

«Un testimone coerente e scomodo per la comunità civile e per quella religiosa del suo tempo». Così Sergio Mattarella definisce don Lorenzo Milani, aggiungendo che, sì, è stato anche «un segno di contraddizione, urticante». Altri, divisi tra devozione e condanna, lo hanno classificato fra i ribelli, i rivoluzionari, gli eretici, i profeti, per le sfide con cui anticipò l’urgenza di cambiamenti venuti dopo di lui e soltanto in parte. Per esempio, limitandoci all’ambito della Chiesa, le riforme del Concilio. Un ruolo cruciale riconosciutogli dopo un lungo interdetto vaticano da papa Francesco, che si è inchinato sulla sua tomba nel 2017. E ieri, nel centenario della nascita, dal presidente della Repubblica. Il quale, ricordandolo come «un grande italiano» soprattutto in quanto educatore, sintetizza la sua «pedagogia della libertà» con una riflessione asciutta.

«La scuola è di tutti», dice. «La scuola deve essere per tutti». Principio che, applicato alla doppia veste — di religioso e di cittadino — di don Lorenzo, dotato di «un senso fortissimo della politica», significa che «se il Vangelo era il fuoco che lo spingeva ad amare, la Costituzione era il suo vangelo laico. “Ho imparato che il problema degli altri è eguale al mio. Sortirne insieme è la politica. Sortirne da soli è l’avarizia”». E aggiunge Mattarella: «La sua scuola cercava d’infondere la voglia di imparare, la disponibilità a lavorare insieme agli altri. Cercava d’instaurare l’abitudine a usare lo spirito critico. Senza sottrarsi mai al confronto o pretendere di metter a tacere qualcuno, tantomeno un libro o la sua presentazione…». Un cenno al caso della ministra Roccella, contestata e zittita di recente al Salone del libro di Torino. La quale infatti ha ringraziato il capo dello Stato, con un messaggio che lo ha raggiunto mentre era ancora a Barbiana.

E bisogna salire appunto quassù per capire dove nacque quello che Giulio Nascimbeni raccontò sul Corriere come «il meraviglioso scandalo dell’insegnamento» di don Milani. È un piccolo villaggio del Mugello in cui, fra gli anni ’50 e ’60, il prete era stato esiliato dalla Curia fiorentina. Qui, nell’aula in cui raduna i figli dei contadini, dopo alcuni brevi esperimenti compiuti altrove, matura il sogno di una scuola come «luogo di promozione e non di selezione sociale». Concetto carico di modernità, per il presidente, «più avanti di quanti si attardavano in modelli difformi dal dettato costituzionale».

Motore delle sue idee di giustizia e uguaglianza è proprio la scuola, intesa come «leva per contrastare le povertà». La scuola — sosteneva — «per conoscere, per imparare soprattutto la lingua, per poter usare la parola». Perché «il mondo — diceva don Milani — si divide in due categorie: “Non è che uno sia più intelligente e l’altro meno intelligente, uno ricco e l’altro meno ricco. Un uomo ha mille parole e un uomo ha cento parole”». Ecco il punto: «Si parte con patrimoni diversi, ma la povertà nel linguaggio è veicolo di povertà completa, e genera ulteriori discriminazioni».

Questo il significato di Lettera a una professoressa, libro scritto da don Lorenzo con i suoi ragazzi (mentre avanzava la malattia che lo avrebbe stroncato a 44 anni) e impostosi ovunque con una forza dirompente. Sopra una porta dell’aula, il prete ha messo un cartello in cui ha scritto la frase «I care», cioè «mi preme, mi sta a cuore» (poi adottata da molti, Obama compreso). «Il motto di chi rifiuta l’egoismo e l’indifferenza», sillaba il capo dello Stato. E ciò spiega perché, studiando, gli alunni andavano al passo dell’ultimo di loro, dandogli tempo senza l’ossessione del «merito», oggi dilagante. Un termine che il presidente sottolinea, perché «il merito non è l’amplificazione del vantaggio di chi parte già favorito. Merito è dare nuove opportunità a chi non ne ha, perché è giusto e per non far perdere all’Italia talenti preziosi se trovano la possibilità di esprimersi, come a tutti dev’essere garantito».

Perciò, fedele alla propria idea di Stato-comunità che è vicina ai sentimenti di don Milani, Mattarella insiste. Una scuola elitaria e «che seleziona, distrugge la cultura. Ai poveri toglie il mezzo di espressione. Ai ricchi toglie la conoscenza delle cose».

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27 maggio 2023 (modifica il 27 maggio 2023 | 21:40)



Fonte: https://www.corriere.it/politica/23_maggio_27/mattarella-il-merito-dare-opportunita-chi-non-ne-ha-mai-far-tacere-libri-presentazioni-c08e624c-fcc0-11ed-80ca-38d137f12c45.shtml

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