l’esercito bombarda il palazzo presidenziale ed altri edifici in mano alle Forze rapide di supporto


L’aviazione militare del Sudan sta bombardando il palazzo presidenziale a Khartum, nel tentativo di sottrarlo al controllo delle Forze rapide di supporto (Rsf), le milizie paramilitari che dal 15 aprile hanno avviato un’offensiva per governare il Paese. Lo riferiscono fonti di “Nova” nella capitale sudanese, precisando che i raid aerei rientrano nella controffensiva lanciata nelle ultime ore dalle Forze armate regolari (Saf) contro le posizioni delle Rsf a Khartum e Omdurman, dove proseguono i combattimenti. Attualmente a Khartum le Rsf hanno preso il controllo di tutti gli edifici istituzionali situati nei pressi del palazzo presidenziale, inclusi quelli che ospitano il ministero degli Interni ed il ministero degli Esteri, mentre l’esercito ha giustificato il pesante intervento dell’aeronautica militare con un presunto tentativo da parte delle Rsf di attaccare il comando militare centrale di Khartum. Gli scontri di oggi nella capitale si sono allargati anche nel quartiere settentrionale di Bahri, oltre che nelle zone di Ombada, Salha, e nei pressi della Radio televisione sudanese, già sotto il controllo delle Rsf.

Le Forze di supporto rapido (Rsf), le milizie paramilitari che fanno capo al generale Mohamed Hamdan “Hemeti” Dagalo, hanno fatto irruzione in cinque prigioni del Paese – tra cui il carcere di Kober, nella capitale Khartum, dove era detenuto il presidente deposto Omar al Bashir e altri alti funzionari a lui vicini – e vi ha rilasciato i detenuti. Lo afferma in un comunicato il ministero dell’Interno di Khartum, precisando che il raid a Kobar ha portato all’uccisione e al ferimento di diversi funzionari del carcere e che l’Rsf ha rilasciato tutti coloro che vi erano detenuti. Le irruzioni nelle carceri sono avvenute tra il 21 e il 24 aprile, ha aggiunto il ministero. In precedenza l’esercito aveva diffuso un comunicato nel quale si precisava che l’ex presidente Bashir, deposto nel 2019, è attualmente detenuto in un ospedale militare sotto custodia della polizia insieme a circa altri 30 esponenti del disciolto Partito del Congresso nazionale (Npc), e che il suo trasferimento è stato disposto su raccomandazione del personale medico della prigione di Kobar prima che scoppiassero i combattimenti tra l’esercito e le Rsf, lo scorso 15 aprile.

In precedenza l’emittente “Al Jazeera”, citando membri della famiglia di Bashir, aveva riferito che l’ex presidente sudanese sta ancora ricevendo cure in un ospedale militare nella capitale sudanese. I dubbi circa la sorte di Bashir erano sorti dopo che uno dei leader del disciolto partito, Ahmed Harun, aveva dichiarato al quotidiano “Al Sudani” che “si arrenderanno alle autorità giudiziarie quando la situazione lo consentirà”, invitando gli ex militanti a prendere posizione a favore delle Forze armate sudanesi (Saf) nel conflitto scoppiato il 15 aprile scorso. “Abbiamo preso la decisione di proteggerci a causa della mancanza di sicurezza, acqua, cibo e cure, nonché della morte di molti prigionieri a Kobar”, ha detto Ahmed Harun, arrestato nel 2019 per crimini di guerra in relazione al presunto incitamento alla violenza contro i civili nel Darfur. Secondo quanto riferito da diverse fonti di stampa, numerose carceri del Sudan sono state prese di mira mentre i combattimenti tra le fazioni militari rivali infuriano per la seconda settimana. A Nyala, capitale del Sud Darfur, almeno 750 prigionieri sarebbero fuggiti in seguito a proteste e rivolte dei detenuti, mentre centinaia di altri sarebbero fuggiti da altre prigioni a Khartum e a Omdurman.

Secondo fonti di “Agenzia Nova” sul posto scontri hanno avuto luogo anche nella città di Geneina, capitale dello Stato del Darfur occidentale, mentre diverse aree nella zona di Khartum, in particolare quella di Khartum Bahri, soffrono la mancanza di acqua ed elettricità, e la situazione sanitaria è pessima con il 70 per cento degli ospedali attualmente fuori servizio. Nonostante una tregua di 72 ore fosse stata annunciata dalle parti in conflitto in Sudan in occasione delle celebrazioni per la fine del Ramadan ed un’altra sia stata negoziata dal segretario di Stato Usa Antony Blinken a partire dal 24 aprile sera, i combattimenti proseguono. Secondo quanto riferito in precedenza dall’account Twitter specializzato “War Mapper”, nelle ultime ore l’esercito ha guadagnato terreno nell’area sud dell’aeroporto – che attualmente è ancora sotto il controllo delle Rsf – e ha ripreso il controllo di parte del complesso del quartier generale delle Forze armate. Le Rsf, da parte loro, controllerebbero ancora il palazzo presidenziale e hanno respinto gli attacchi dell’esercito a Khartum Nord, oltre a controllare in gran parte l’area industriale della città. Nel frattempo, in un video fatto circolare sui social, le forze fedeli al generale Abdel Fattah al Burhan rivendicano la conquista della base militare di Jabal Surkab, situata nel nord di Khartum e considerata la principale roccaforte delle Rsf del generale ribelle Dagalo. Nel frattempo le Nazioni Unite hanno evacuato centinaia di membri del personale e di suoi dipendenti da Khartum e da altre località del Sudan. Il bilancio delle vittime degli scontri dal 15 aprile ad oggi va dalle oltre 400 certificate dalle Nazioni Unite alle circa 600 dichiarate dal ministero della Sanità sudanese.

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Fonte: https://www.agenzianova.com/news/sudan-lesercito-bombarda-il-palazzo-presidenziale-ed-altri-edifici-in-mano-alle-forze-rapide-di-supporto/

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