Lo dico al Corriere – Così Victor Hugo cambiò la storia due volte


Caro Aldo,
ho letto il suo editoriale «L’errore di abolire la croce» che da non credente condivido. I simboli religiosi non dovrebbero essere presenti negli uffici pubblici. Ma nasconderne l’immagine taroccando la foto di un luogo di culto non è prova di laicismo, bensì di un relativismo male inteso, che rischia di sconfinare negli orrori della cancel culture. Non sapevo che Victor Hugo avesse evitato la trasformazione di NotreDame in un tempio della Dea Ragione. Come ha potuto da solo cambiare la storia?
Francesco Posteraro

Caro Francesco,
Lo so che può sembrare incredibile, ma ci fu un’epoca in cui uno scrittore poteva cambiare la storia di un popolo. A Victor Hugo accadde due volte. La prima fu quando pubblicò — nel 1831, a 29 anni — Notre-Dame de Paris, la storia di due emarginati, un gobbo e una zingara, e del loro amore impossibile sotto le volte di una cattedrale in rovina. Quel romanzo fu fondativo dell’arte romantica e rifondativo di una chiesa di cui i parigini della Rivoluzione si erano un po’ dimenticati. Viollet-le-Duc, l’immaginifico architetto delle guglie e delle gargouilles, fece il resto, ricostruendo la cattedrale secondo il gusto neogotico. E tra pochi mesi Notre-Dame ritroverà nuova vita dopo l’incendio. Ma Hugo ha lasciato il suo segno nella storia di Francia in un’altra occasione. Le spoglie di Napoleone furono riportate in patria solo nel 1840, diciannove anni dopo la sua morte, accolte da una folla commossa, nella quale c’era anche Victor Hugo, che ci ha lasciato del funerale dell’imperatore una descrizione memorabile. Se l’imperatore fosse tornato subito dopo morto, forse non avrebbe avuto quell’accoglienza trionfale. Ma gli anni più duri della Restaurazione erano passati, l’ultimo re Borbone era caduto, governava Luigi Filippo, il re borghese. Anche il giudizio su Napoleone era cambiato. I francesi avevano nostalgia di lui, della loro gioventù, e dell’idea di grandezza. C’era anche un fatto sociale. Non soltanto Napoleone si era fatto da sé; aveva consentito ai suoi uomini, che venivano dal nulla, di fare carriera nell’esercito, o di ottenere un posto nell’amministrazione civile, o di ricevere una pensione. Ma alla fine della guerra 300 mila soldati erano stati licenziati, a quindicimila ufficiali era stato ridotto lo stipendio. I vertici stavano con la monarchia, ma i colonnelli, i capitani, i tenenti, i veterani adoravano ancora Bonaparte. E Hugo si fece interprete di quel sentimento.

LE ALTRE LETTERE DI OGGI

Storia

«Soldi investiti, le spese sono altissime. Me le spiegate?»

Riallacciandomi alla lettera del signor Giuliano Pagani, pubblicata sul Corriere del 10 marzo, a proposito di investimenti e prodotti finanziari («I miei soldi dopo 9 anni non hanno reso niente»), desidero raccontare la mia esperienza. Da poco più di un anno mi sto occupando degli investimenti della figlia di mia moglie con una Finanziaria italiana che va per la maggiore. Voce spese: in circa tre anni e mezzo ben 695.105,51. Chiedo i dettagli. Tra costi di sottoscrizione, costi di uscita, costi di switch, imposta di bollo, costi di performance, costi di transazione, il più alto è rappresentato dalle voce «Spese correnti». Primo anno (che riguarda gli ultimi mesi del 2019): 74.696,80. Secondo anno (2020): 122.564,13. Terzo anno (2021): 143.435,87. Quarto anno (2022): 197.651,73. Per il 2023, i costi si conosceranno entro la fine del 2024. Moltissime volte ho chiesto sia a voce che per iscritto la specifica delle cosiddette «Spese correnti». Sinora le spiegazioni hanno riguardato i paralipomeni della batracomiomachia. Essendo digiuno di economia, avendo una laurea umanistica, mi è stato consigliato — come primo passo — di rivolgermi alla Consob. Non credo di avere altre strade, anche se — giuro — sinora ho tentato di tutto, perché come diceva un mio parente, alto magistrato, «le cause che si vincono sono quelle che non si fanno».
Sebastiano Polizzi Milano

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Fonte: https://www.corriere.it/lodicoalcorriere/index/02-04-2024/index.shtml

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