Olimpiadi, dalle 19 a ‘Muso duro’ contro Nole: tutti in trincea!


La scena è quella tratta dal film Terminator, dove il nuovo cyborg all’inseguimento di quello vecchio, cattivo il primo e buono il secondo, viene distrutto a ripetizione ma, immancabilmente, si rigenera e riprende la corsa ogni volta con maggiore vigore. Novak Djokovic è fatto così, quando pensi di esserti sbarazzato di lui, te lo ritrovi ancora agganciato alle caviglie come un’ombra. Una sensazione tutt’altro che piacevole, benché professionalmente stimolante, che il nostro Lorenzo Musetti pare destinato a rivivere un sacco di volte, quale arcigno percorso di crescita tennistica.

Solo nel 2024, infatti, è già successo sia al Roland Garros, con il serbo capace (manco a dirlo) di risorgere da due set di ritardo nel punteggio, che a Wimbledon, quando, al contrario, la lezione impartita all’azzurro fu decisamente più severa. E se per un celebre adagio è vero che non c’è due senza tre, il terzo capitolo della saga verrà servito molto presto, cioè stasera, nuovamente in Bois de Boulogne. Perché si giocheranno sul mattone tritato più iconico al mondo l’accesso alla finale olimpica. Insomma, faccia a faccia, sì, ma solo nelle occasioni importanti.

Lorenzo sta vivendo il momento migliore della sua carriera, almeno in quanto a continuità di risultati. In sequenza: semifinale a Stoccarda, finale al Queen’s, semifinale a Wimbledon e quantomeno il penultimo atto di Parigi. Lollo il Magnifico s’è fatto grande, vince le partite da vincere e vende cara la pelle contro i giocatori di lignaggio pari o superiore. Che è ciò che distingue un campione da un buon giocatore che solo occasionalmente lascia il segno. Il percorso è stato fin qui trionfale. Se il simpatico Monfils è ormai solo la copia sbiadita del gran giocatore che fu, le vittorie autorevoli su Fritz e, soprattutto, Zverev raccontano tutta un’altra storia.

Quella di un Musetti centrato e convinto, spettacolare come genetica gli impone ma anche accorto nell’uso delle infinite frecce al proprio arco. Varietà di soluzioni non più fine a sé stessa e al suo ego tennistico da soddisfare ma al conseguimento dell’obiettivo. Se ancora non è la quadratura del suo cerchio, si sta avvicinando. Decisamente matura la performance con la quale ha estromesso dal torneo il campione uscente, appunto, Zverev.

Un avversario che non sarà Djokovic ma che è tornato ai livelli antecedenti al terribile infortunio rimediato qualche stagione fa e che sulla terra battuta ha costretto Alcaraz, il più bravo di tutti, non più tardi di qualche settimana fa a sudare le proverbiali sette camicie per aggiudicarsi l’ultimo Roland Garros. Uno tosto e di sostanza che il vecchio Musetti avrebbe sofferto fino a perderci, ma non questo. Due break chirurgici, entrambi nell’undicesimo gioco del set sul punteggio di cinque pari, gli hanno garantito il doppio 7-5 finale, dopo che in entrambe le occasioni Lollo non ha tremato al servizio in procinto di capitalizzare il vantaggio. Così, alla maniera dei grandi. Del resto, la differenza di qualità tra lui e il tedesco è decisamente ampia ma, si sa, giocare meglio dell’avversario non è mai garanzia di successo; servono tutti gli altri ingredienti che Lorenzo, con pazienza, umiltà e lavoro, ha finito per mettere a punto.

Djokovic, da ormai dieci anni a questa parte, non sembra più dare di sé la migliore versione. Ma vuoi la tigna del campione che non accetta l’idea della sconfitta e avversari spesso e volentieri di dubbia qualità – perché il periodo storico resta quello che è – e il macinato lo porta sempre a casa. O vince o ci va molto vicino nonostante le trentasette primavere. Qua a Parigi, tralasciando il match-passerella con Nadal buono solo per i nostalgici, ha asfaltato l’impresentabile Ebden e il volitivo Koepfer prima di fare la voce grossa con Tsitsipas che, nonostante una preoccupante involuzione tecnico-tattica, resta un grande interprete dei campi rossi. Otto set giocati, otto set vinti che, tradotto, significa tanta benzina nel serbatoio da poter spendere, anche se il ginocchio operato tra Roland Garros e Wimbledon resta sempre un’incognita.

A giocarsi l’oro, e in agguato dall’altra parte del tabellone, ci sono Alcaraz e Auger-Aliassime. Se sul murciano dubbi non fosse lecito averne, per perdere un incontro deve mettere un certo impegno, quella del canadese è una piccola sorpresa per due ragioni. La terra battuta non è tipicamente la sua zona confortevole ed è un ragazzo tuttora impelagato nella comprensibile difficoltà di uscire dallo status di incompiuta promessa. Perché talento ne avrebbe da vendere. Questa sera, pertanto, avremo le idee più chiare e ci si augura che Lollo possa regalarsi la chance di sfidare presumibilmente Alcaraz per la medaglia più pesante.

Breve amarcord, per chiudere. Esattamente quarant’anni fa, e sembra ieri, Paolino Canè, che oggi sarà chiamato a commentare le gesta di Musetti, disputava a Los Angeles la semifinale olimpica quando il tennis era ancora sport dimostrativo.
Un cerchio azzurro che si chiude. Dal nostro connazionale più talentuoso dell’epoca, il meraviglioso Neuro, al più geniale di questi giorni. Il filo conduttore è, quindi, la bellezza e l’idea che il colore possa essere quello dell’oro ci rende impazienti. Perché noi, tra un giorno da Musetti e una vita da Djokovic, ci prendiamo sempre il primo. Nel bene e nel male.

Buona fortuna Lollo, a Muso duro.



Fonte: https://ticinonotizie.it/olimpiadi-dalle-19-a-muso-duro-contro-nole-tutti-in-trincea/

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