piccole e medie imprese possono essere centrali nella ricostruzione

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Dal nostro inviato – Si è chiusa oggi la missione in Libia di oltre 100 imprenditori e membri delle istituzioni italiane che hanno preso parte al Business forum italo-libico tenuto ieri alla Fiera internazionale di Tripoli. Un evento che ha portato alla firma di otto accordi, fortemente voluto dalla presidenza del Consiglio e reso possibile dal lavoro sul campo della Camera di commercio italo-libica e dell’ambasciata d’Italia in Libia. Il viaggio a Tripoli, è giusto ricordare, sarebbe stato difficile organizzare se il ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale non avesse modificato l’avviso presente sul sito web “Viaggiare Sicuri”, ammorbidendo le restrizioni per i viaggi in Libia. L’aggiornamento, infatti, prevede che i viaggi nel Paese nordafricano, precedentemente sconsigliati in maniera generale, non siano più sconsigliati se motivati da ragioni di necessità, lavoro o affari.
E chissà che la ripresa dei voli diretti tra Italia e Libia operati da Ita Airways, annunciata dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni per l’inizio del 2025, non possa far ripartire anche i viaggi per turismo, magari organizzati da agenzie di viaggio o tour operators. Anche perché le attrazioni non mancano: basti pensare a Leptis Magna, una piccola “Roma” antica a 1 ora e mezza di macchina da Tripoli. Molto dipenderà dalla situazione di sicurezza sul terreno, a sua volta legata alla stabilità politica che, pur con tutte difficoltà di un Paese con due governi rivali e dove non si vota da oltre dieci anni, si sta consolidando. Ne è la prova il fatto che lo stesso Business forum Italia-Libia si sia svolto senza intoppi alla vigilia del quarto anniversario del cessate il fuoco del 28 ottobre 2020. Ormai sono quattro anni che gli eserciti dell’est e dell’ovest del Paese non si sparano e il risultato non era esattamente scontato.
Le litigiose élite libiche sono ancora divise su questioni cruciali, prima fra tutte la ripartizione dei lucrosi proventi petroliferi. Eppure, nonostante mosse unilaterali estreme come l’estromissione del governatore della Banca centrale tentata da Tripoli e la conseguente chiusura dei pozzi petroliferi attuata da Bengasi, gli stessi libici sembrano finalmente aver compreso che la guerra è finita e che è giunta l’ora di voltare pagina e ricostruire il Paese. Ed è qui che entrano in gioco gli italiani. Perché se e vero che il settore degli idrocarburi fa la parte del leone nell’interscambio commerciale italo-libico che quest’anno si avvia verso i 10 miliardi di euro, è altrettanto vero che il tessuto delle piccole e medie imprese italiane può svolgere un ruolo di primo piano nella costruzione di strade, aeroporti, edifici, ferrovie e in tutto ciò che serve a un Paese ricco di petrolio e gas ma povero di servizi e know-how. Anche perché sono i libici stessi a volere gli italiani per vicinanza culturale, storica, geografica, economica e politica.
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