Tuoni, whisky e poesie: al Manzoni di Milano ci siamo deliziati con Federico Buffa, Fabrizio De Andrè e Gigi Riva- di Teo Parini


 

A dare una risposta convincente a tutti i quesiti- nella tappa milanese, andata in scena al Teatro Manzoni martedì 29 novembre- è stato more solito Federico Buffa, protagonista esemplare dello spettacolo teatrale intitolato non a caso “RivaDeAndrè, amici fragili”, ideato dallo stesso Buffa in collaborazione con Marco Caronna, regista oltre che voce e chitarra.

Il pianoforte, invece, è prerogativa di Alessandro Nidi, a chiudere un tridente capace di strappare dalla dimensione contingente l’odierna società, frivola, asmatica e cosmopolita, per collocarla in un’Italia che non c’è più o che, chissà, deve ancora venire.

Un esercizio spaziotemporale che impasta con il rigore della sensibilità note, colori, rombi e silenzi per trasformare la pluralità di evoluzioni sciolte in unisono. Risultato che è rappresentazione plastica del parallelismo che perde la sua più consueta definizione euclidea per convergere in un punto, quello d’incontro di anime fragili e spiriti randagi, governato da un destino che se può apparire crudele, e talvolta crudele lo è davvero, è solo per consentire agli uomini di sensibilità e talento di esibire la loro migliore versione possibile; uomini capaci di descrivere traiettorie destinate a restare impresse nella memoria collettiva perché, di quest’ultima, inesauribile di fonte di ispirazione.

Così, per la prima e unica volta, Gigi Riva, professione goleador di un calcio d’antan tremendamente rimpianto, e Fabrizio De André, professione poeta, si incontrano. Quindi si studiano, usano i sensi, cercano sul fondo di una bottiglia di whisky il fil rouge che potrebbe unirli. Parlano poco, l’indole è quella, fumano molto e riflettono altrettanto intorno all’idea che qualcosa li possa condurre, insieme, in un luogo che non necessariamente dev’essere fisico, tangibile.

In sottofondo suona la struggente ‘Preghiera in gennaio’, ode dedicata da Faber all’amico Tenco prematuramente passato al di là dell’ultimo vecchio ponte, così scoprono di essere attori della stessa sceneggiatura chiamata vita e che, pertanto, quel filo è destinato a non spezzarsi mai. Fa grandi giri che si chiudono sempre lì, dove tutto è partito.

Fragili. È l’aggettivo scelto dall’Autore per descrivere i due protagonisti, il trait d’union, e potrebbe sembrare ossimorico se messo al cospetto di due gigantesche forze della natura di quella risma. Gianni Brera coniò il soprannome di Rombo di tuono per uno che la gamba non la tirava indietro mai, figuriamoci. Tuttavia, spogliata dal distacco scientifico, la fragilità può essere considerata come quella parte della cifra stilistica caratterizzante l’animo umano che è mescolanza di bontà e umanità profonda ed è proprio in quest’ottica che l’accostamento risulta efficace. Così, due ore di teatro sferzate dall’ineguagliabile capacità narrativa di Buffa sono l’invito nemmeno troppo velato a prendere le nostre fragilità e a darne un’accezione positiva. Perché avvicinano al mondo, dove tutto ciò che vive è necessariamente fragile.

Lo spettacolo è finito, Fabrizio e Gigi non sono più seduti allo stesso tavolo. Il primo ha preso con sé un drappo dal colore del cielo, un naso da clown e una sciarpa del Genoa e se n’è andato via, da qualche parte; l’altro continua a parlare il meno possibile e silenziosamente incarna lo spirito dell’isola che lo ha adottato e che di rimando ha saputo impreziosire.

Chissà se si incontreranno di nuovo, un giorno, fragili e uguali. Nel caso, ci sarà ancora da rabboccare quella bottiglia.

Teo Parini



Fonte: https://www.ticinonotizie.it/tuoni-whisky-e-poesie-al-manzoni-di-milano-ci-siamo-deliziati-con-federico-buffa-fabrizio-de-andre-e-gigi-riva-di-teo-parini/

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