In Spagna i salari crescono poco, in Italia per nulla. Cosa accomuna e cosa distingue i due mercati del lavoro


Una pandemia, una guerra in Europa, una crisi energetica, un’inflazione a doppia cifra che ha fatto schizzare i prezzi della spesa alimentare e della benzina. L’economia mondiale ha affrontato in questi ultimi anni eventi imprevedibili. E chi più ne ha sofferto sono stati i cittadini: mentre l’inflazione aumentava in tutta Europa e i prezzi a lievitavano, gli stipendi in paesi come Spagna e Italia sono cresciuti solo timidamente o per nulla. A novembre 2022, l’Istituto Nazionale di Statistica spagnolo (Ine) ha pubblicato i dati sui salari del paese iberico. Dal rapporto si legge che nel 2021 il salario medio in Spagna è stato di 2.086 euro lordi al mese (circa 1.670 euro netti, 25.000 lordi annuali). Questa cifra, oltre a essere la più alta della serie storica dal 2006 a oggi, rappresenta un aumento del 2,4% rispetto al 2020. La crescita dell’inflazione, però, ha reso impercettibile questo aumento. Anzi, di fatto il potere di acquisto si è ridotto.

Analizzando i dati salariali è bene tenere presente che esistono diverse variabili che possono influire, come l’anzianità nel posto di lavoro, la giornata a tempo pieno o part time, il livello di formazione, il tipo di contratto (indefinito o determinato), le ore di lavoro. Tornando ai dati dell’Ine, in generale si osserva che il 40% dei lavoratori ha guadagnato tra i 1.366,5 e i 2.342,2 euro nel 2021, un 30% ha guadagnato più di 2.342,2 euro e il 30% restante meno di 1.366,5 euro. Per evitare le distorsioni provocate dai salari più alti, si prende in considerazione il compenso mediano, che offre un dato più vicino alla realtà: nel 2021 è stato di 1.757 euro, solo 50 euro in più del 2020.

Le cifre mostrano due tendenze importanti. In primo luogo un divario di genere tra donne e uomini: il salario medio delle donne nel 2021 è stato di 1.883,4 euro al mese, mentre quello degli uomini ha raggiunto i 2.276,9 euro. Questa differenza si spiega principalmente con il tipo di contratto, spesso a tempo o part time nel caso delle donne, e dai settori in cui sono impiegate, tendenzialmente meno retribuiti. Si tratta di un problema strutturale, legato anche al fatto che le donne si occupano della cura della casa e della famiglia.

Un altro fattore importante è il divario di salario tra fasce d’età, che accomuna Spagna e Italia. Nel paese iberico, i giovani tra i 16 e i 24 anni guadagnano 1.235 lordi al mese, che aumentano progressivamente con l’età: 1.767 tra i 25 e i 34 anni, 2.133 tra i 45 e i 54 anni e dai 54 in su 2.348 euro. In Italia la situazione è molto simile. Secondo l’Osservatorio Inps di dicembre, il reddito medio annuo per i lavoratori dipendenti e autonomi tra i 20 a i 24 anni si è fermato a 11.875 euro annui nel 2021 per i ragazzi e a 7.948 euro, per le ragazze. Una media di 9.911 euro. Tra i 25 e i 29 anni il reddito medio è di 15.629 euro. Per quanto concerne le differenze di paga nei settori produttivi, i salari più bassi in Spagna vengono pagati alle dipendenti domestiche, che guadagnano in media 858 euro al mese, seguite dal settore ristorazione, con 1.226. Tra chi guadagna di più, ci sono gli impiegati di banche e assicurazioni, con 3.383 euro al mese.

L’evoluzione dei salari negli anni – Dal 1991 a oggi, Italia, al primo posto, seguita da Messico e Spagna sono i paesi in cui i salari sono aumentati meno, secondo i dati dell’Ocse. Negli ultimi vent’anni, nel paese iberico gli stipendi sono cresciuti del 4,7%, in Italia appena dello 0,3%. Sebbene in Spagna siano aumentati di più, la crescita è stata comunque timida e i dati della serie storica lo dimostrano: nel 2006, il salario medio mensile lordo in Spagna era di 1.572,59 euro, nel 2021 si è fermato ai 2.086,78.

Manuel Hidalgo, docente di Economia Applicata dell’Università Pablo de Olavide di Siviglia, considera sorprendente la scarsa reazione delle retribuzioni di fronte ad un’inflazione elevata come quella che ha caratterizzato il 2022. Per spiegare le possibili cause del modesto aumento dei salari negli ultimi anni ricorda i problemi strutturali dell’economia spagnola. “Storicamente, quando il settore industriale era molto più importante, era facile canalizzare le contestazioni dei lavoratori e le rivendicazioni per un miglioramento dei salari, il movimento operaio era più forte, così come lo erano i sindacati, che ora hanno perso importanza. Era più facile fare pressione sull’azienda per aumentare gli stipendi”, afferma.

Tuttavia, oggi il tessuto imprenditoriale spagnolo è composto principalmente da piccole e medie imprese con poche risorse, poca capacità di finanziamento e scarso sforzo di innovazione. La Spagna infatti è un’economia molto terziarizzata, con un settore servizi che prevale nettamente nel totale dell’economia: tuttavia, si tratta di un settore che presenta livelli molto minori di produttività, soprattutto perché il paese è specializzato in servizi con basso valore aggiunto, come accade in Italia. Hidalgo avverte anche delle conseguenze che la trasformazione tecnologica sta avendo sul mercato del lavoro. “Ci sono lavoratori che hanno raggiunto certo potere d’acquisto, che è cresciuto, altri sono stati relegati ad ambiti come la produzione, dove la rappresentazione sindacale è difficile e gli stipendi sono più bassi”, dice. Sebbene la riforma del lavoro del 2021 stia limitando l’utilizzo dei contratti a tempo determinato per combattere la precarietà, Hidalgo spiega che storicamente è esistita sempre una certa dualità nel mercato del lavoro spagnolo, in cui i lavoratori con contratti fissi avevano maggiore capacità di negoziazione di chi lavorava con contratto a tempo determinato.

Salario minimo: realtà in Spagna, battaglia in Italia – Mentre in Italia si continua a discutere sulle proposte per l’adozione del salario minimo legale, il governo spagnolo ha approvato lo scorso febbraio l’aumento dell’8% della retribuzione minima, salita quindi a 1.080 euro al mese in 14 mensilità. Una misura fortemente voluta dalla ministra del lavoro, Yolanda Díaz, per contrastare la perdita di potere d’acquisto dei salari più bassi di fronte a un’inflazione che nel 2022 è stata dell’8,4%. Come ha ricordato il premier Pedro Sánchez, la Spagna è il secondo paese Ocse in cui il salario minimo è salito di più dal 2018 a oggi: in cinque anni è aumentato del 36%, passando dai 735 euro al mese ai 1.080 attuali. Sebbene sia ancora presto per conoscerne gli effetti, anche la riforma del lavoro spagnola potrebbe influire indirettamente sui salari nel lungo periodo. “La riforma ha un obiettivo chiaro: combattere la precarietà e i contratti a tempo determinato. Indirettamente, con un miglioramento della situazione contrattuale, i lavoratori potrebbero accedere a salari migliori. Inoltre, la riforma potrebbe produrre un aumento della produttività del lavoro e anche questo provocherebbe un aumento dei salari. Questo però si vedrà nel lungo periodo”, conclude Hidalgo.



Fonte: https://www.ilfattoquotidiano.it/2023/03/25/in-spagna-i-salari-crescono-poco-in-italia-per-nulla-cosa-accomuna-e-cosa-distingue-i-due-mercati-del-lavoro/7108420/

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