Le promesse della NATO a Kiev, le pressioni su Joe Biden e le altre notizie della giornata


Il racconto della giornata di mercoledì 10 luglio 2024 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. L’Occidente rimarrà al fianco di Kiev fino alla fine: è questo l’obiettivo della NATO nel suo vertice annuale di Washington. L’ultima tegola sulla candidatura alle presidenziali di Joe Biden viene da una delle sue più strette alleate, Nancy Pelosi. Dopo l’azzardo delle elezioni anticipate e la vittoria del Fronte Popolare, Macron non si arrende e pretende di dettare tempi e perimetro del prossimo governo. L’Italia è uno dei 7 paesi europei che spende meno del 2% del Pil per la Difesa con Spagna, Portogallo, Belgio, Lussemburgo, Slovenia, Croazia. Caporalato nei vigneti delle Langhe: scattano arresti e misure cautelari.
Cresce l’impegno dell’Occidente al fianco di Kiev
(di Emanuele Valenti)
Continuare a sostenere l’Ucraina, con armi sempre più efficaci, e mandare un messaggio molto chiaro a Putin: l’Occidente rimarrà al fianco di Kiev fino alla fine. È questo l’obiettivo della NATO nel suo vertice annuale di Washington. Le armi più efficaci sono per esempio i caccia F-16, che per la prima volta dovrebbero arrivare a destinazione proprio in questi giorni. Arrivano da Danimarca e Olanda. Seguiranno Belgio e Norvegia. A Washington è stato anche confermato l’invio di altri sistemi di difesa – i missili patriot – anche se non nei numeri richiesti da Zelensky.
Con il passare del tempo l’impegno dei paesi occidentali è cresciuto, in quantità e in qualità. Ma – punto importante – senza arrivare a quei rifornimenti che consentirebbero agli ucraini di vincere la guerra. Anche perché questo vorrebbe dire colpire in maniera importante in Russia, con il rischio di un conflitto allargato, che nessuno vuole.
Anche la questione del calendario per l’ingresso dell’Ucraina nell’Alleanza Atlantica dà molto bene il senso di questa via di mezzo in cui si trovano i leader occidentali. Nessuna data e nessun calendario fino alla fine della guerra – che per quanto detto sopra rischia di non finire mai. Il massimo a cui si può arrivare è la frase: il cammino di Kiev è ormai irreversibile. Ma il contesto globale è sempre più complesso per gli occidentali che vogliono supportare Zelensky: Mosca non fa marcia indietro, sempre più forze politiche europee mettono in dubbio l’invio di armi a Kiev, alla Casa Bianca potrebbe tornare Trump.
I dubbi di Nancy Pelosi sulla candidatura di Biden
“È il presidente Biden a dovere decidere se correre, e deve farlo in fretta perché il tempo stringe”. L’ultima tegola sulla candidatura alle presidenziali di Joe Biden viene da una delle sue più strette alleate, Nancy Pelosi. L’ex speaker della Camera ha espresso i suoi dubbi in un’intervista televisiva: “Parleremo apertamente della questione dopo che sarà finito il vertice della Nato”, ha detto. Aprendo, di fatto, ufficialmente le danze della ricerca di un candidato democratico alternativo per le presidenziali di novembre. Il servizio di Roberto Festa:
Francia, Macron prova a dettare i tempi e il perimetro del prossimo governo
“Il presidente rifiuta di riconoscere il risultato delle urne”. È durissimo il commento del leader della France Insoumise, Melenchon, dopo la lettera inviata questo pomeriggio ai quotidiani locali francesi. È la prima volta che Macron parla dopo i ballottaggi di domenica. Macron sostiene che nessuno abbia vinto e che il nuovo esecutivo dovrà essere “plurale”: un aperto tentativo di escludere dal governo il Nuovo Fronte Popolare. Il servizio da Parigi di Francesco Giorgini:
Il prezzo elevato dell’aumento della spesa militare
(di Massimo Alberti)
L’Italia è uno dei 7 paesi europei che spende meno del 2% del Pil per la Difesa con Spagna, Portogallo, Belgio, Lussemburgo, Slovenia, Croazia. La Nato lo chiedeva entro l’anno, i nostri conti disastrati impongono gradualità. Nel 2024 la spesa ha superato i 29 miliardi. Il Documento di economia e finanza stima nel 2025 l’1,44% sul Pil. Ma legare la spesa militare a una variabile, implica seguire l’andamento di essa. Ad un Pil auspicabilmente più alto, seguirebbe così un aumento di spesa militare in termini assoluti. Per arrivare al 2% graduale entro il 2028, come Meloni promette, servono circa 12 miliardi in 4 anni. L’aumento all’1,6% annunciato dal governo, di fatto sarebbe un primo passo, seppur per ora non sia nelle carte. Vedremo in autunno il Def aggiornato. Sta di fatto che alle attuali stime di crescita del Pil servirebbero oltre 3 miliardi. E qui scatta la domanda: col governo che fatica a tenere insieme i conti, sotto procedura d’infrazione, con prospettive di pesanti tagli per rientrare nei parametri europei e non rimangiarsi le promesse elettorali, dove prendere quei soldi? Il nuovo Patto di stabilità offre una chance: austero, ma non per le armi, che rientrano in quegli investimenti per cui chiedere una dilazione. Mentre vediamo invece ridursi la spesa sanitaria, tagliare la previdenza e i sussidi per i più poveri. Oggi la spesa militare riguarda per il 62% il carrozzone del personale, per il 24 gli investimenti, cioè le armi, per il 13 la loro gestione. La raccomandazione sarebbe portare questa proporzione a 50-25-25. Altra grana non da poco. Secondo l’autorevole istituto internazionale per le ricerche sulla pace di Stoccolma, nel 2024, la spesa militare aggregata dei paesi Nato europei ha raggiunto i 588 miliardi di dollari, quasi 5 volte quella Russa. Tenere il passo, come annuncia il governo Meloni e chiede l’industria bellica, comporterà necessariamente dolorose rinunce in altri settori, è bene saperlo
Il tabù del caporalato nelle Langhe
(di Massimo Alberti)
16 ore al giorni di lavoro, tutti i giorni, per 500 euro al mese, quando va bene. E botte a chi provava a protestare. È quanto scoperto dalla Questura di Cuneo nell’area di produzione forse più pregiata del vino italiano, le Langhe. «Condizioni di lavoro con metodi di sorveglianza degradanti e di controllo a vista» Arrestati tre caporali di nazionalità marocchina, albanese, macedone. I tre reclutavano soprattutto immigrati africani, approfittando del loro stato di bisogno. Chi si lamentava subiva dei pestaggi. La presenza di caporalato nelle Langhe è una sorta di tabù. Esiste, è visibile, ma non se ne parla per non rovinare l’immagine di quella che è considerata un’eccellenza italiana. Facile parlare di Latina, o del sud, tra luoghi comuni e situazioni note. Questo è cuore della regione vitivinicola italiana forse più nota nel mondo. Dove si producono vini di pregio assoluto come Barbaresco e Barolo, bottiglie che arrivano a costare migliaia di euro. Il classico biglietto da visita del made in Italy. Eppure, periodicamente, la Questura di Cuneo arriva ad episodi come quello di ieri (l’ultimo a marzo) che trovano però poco spazio sulla stampa. La prima inchiesta sulla diffusione del caporalato nelle Langhe arriva 10 anni fa. Non arriva da una fonte qualsiasi, ma da Giancarlo Gariglio, uno dei più importanti giornalisti enologici,curatore di SlowWine, la guida dei vini di Slow Food. “Schiavi nelle vigne a tre euro l’ora” il titolo, che toglieva il velo sulla tratta, dalla Macedonia, di operai agricoli per i pregiati grappoli. Come gli indiani nell’Agro Pontino, i macedoni qui sono l’ossatura della manodopera. Nasce qualche polemica e reazioni sdegnate di lesa maestà. Passeranno quasi sette anni prima che la cronista della Gazzetta di Alba Francesca Pinaffo, tiri fuori nuovamente la questione, a partire da ciò che è sotto gli occhi di tutti alla stazione di Alba, la capitale delle Langhe, dove centinaia di migranti africani ogni giorno attendono una chiamata, assistiti solo da associazioni caritatevoli. Anche qui prevalgono reazioni stizzite: cattiva pubblicità. E ancora l’onda cala presto, tra distinguo e imbarazzo dei consorzi. A mostrare che in 10 anni tra le colline patrimonio Unesco non è cambiato nulla è l’inchiesta che stavolta supera i confini: Al Jazeera racconta lo sfruttamento, 12-14 ore di lavoro a 3-4 euro/ora, tra razzismo e condizioni disumane, scrive la giornalista Ottavia Spaggiari nel lussureggiante Nord Italia. Dove l’eccellenza italiana si fa anche così.
Un indagato a Taranto per la morte di Rajwinder Sidhu Singh
Un imprenditore agricolo è indagato a Taranto per omicidio colposo e caporalato per la morte di un bracciante indiano di 38 anni. Rajwinder Sidhu Singh, questo il suo nome, il 26 maggio scorso fu portato in ospedale dopo un malore mentre lavorava nelle campagne di Laterza, morendo però al pronto soccorso. L’imprenditore aveva raccontato di uno svenimento improvviso. Dai primi accertamenti, però, sarebbero emersi diversi elementi che non coincidono con la versione dell’agricoltore, e che fanno sospettare che l’uomo non sia stato soccorso con la necessaria tempestività.
Fonte: https://www.radiopopolare.it/riassunto-della-giornata-notizie-mercoledi-10-luglio/